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Protettrice degli orfani


26º
Teresina

15 di Ottobre, A.D. 2018

Fa ancora piuttosto caldo, da queste parti, per essere ottobre inoltrato. Ciò nondimeno l’autunno esige rispetto, e le foglie morte iniziavano ad ammassarsi lungo il vialetto che porta al parcheggio del vecchio mercato, i loro bagliori gialli e rossicci erano l’unica nota di colore sotto un cielo plumbeo che dispensava una pioggerella fine e penetrante.

L’umore della Zia era non meno pesante, mentre, posteggiata la macchina, arrancava per correre in ambulatorio, dopo aver spalato, come tutte le mattine, per un paio d’ore, gli escrementi del Ventunesimo Gatto (inteso come collettività, io personalmente uso correttamente la toilette). Era lunedì e la giornata si annunciava lunga e faticosa.

Ad un tratto sente un fruscio e scorge una sagoma biancastra che si muove a scatti sollevando fogliame e terriccio. Si avvicina e capisce che si tratta di un gattino di forse tre-quattro mesi che sta dando la caccia ad un topo. All’angolo della strada ci sono le trappole di sicurezza disposte dal Comune, ma questo dev’essere sfuggito per andare incontro ad un destino non meno nefasto. Infatti il gattino non sta giocando ad acchiappare il topo, come spesso fanno gli agiati gatti domestici, indulgendo ad un’attività tanto ricreativa quanto crudele. No, dai dettagli della cattura e dai successivi sviluppi, che vi risparmio, è subito chiaro che questo gatto non è lì per divertirsi, ma per procacciarsi il cibo!

Malgrado la fretta, la Zia si sofferma ad osservare il truce pasto, e poi si china nel tentativo di accarezzare il micetto. Tentativo che inaspettatamente riesce: diversamente dai nostri colleghi di strada, questo non scappa, ma si fa accarezzare e comincia a fuseggiare piano piano. La Zia è in imbarazzo, non sa che fare, muove esitante qualche passo nella direzione del tristo luogo di lavoro e si accorge subito che il gattino le si mette alle calcagna. Deve aver intuito di che pasta è fatta quell’umana in cui si è imbattuto.

Ora piove a dirotto, lungo la strada nazionale il traffico è denso e impaziente. Tutto troppo grande, troppo rumoroso, troppo minaccioso per un micetto bianco di tre-quattro mesi. Le Zia si china e lo guarda più da vicino: è una femminuccia, è  imbrattata di grasso di automobile e di fuliggine ed in testa e sulla schiena ha macchie dello stesso colore, ma quella è genetica, non sporcizia. La Zia la prende in braccio e lei (la gatta, eh!) si mette a ronfare ancora più forte, si sistema nell’incavo del gomito e non si schioda. Non resta che portarla in ambulatorio.

Gli sguardi dei pazienti sono vari come vario è il campionario di umanità che si accalca in sala d’attesa tutte le mattine: torvi (non si sa se per il ritardo del dottore o l’inopportuna comparsa dell’intrusa), incuriositi, divertiti, inteneriti. Il torvo predomina, comunque.

La Zia si affretta a chiudere la gattina nella “stanza d’ascolto”, che è uno spazio riservato ai pazienti che vogliono parlare di problemi personali con una psicologa. Siccome difficilmente le persone capiscono che dei loro problemi personali farebbero bene a parlarne con una psicologa, la stanza era vacante e costituiva un ottimo riparo provvisorio. La Zia Donatella si è subito premurata di procurare all’animaletto una scatola di cartone, mezzo panino al prosciutto e formaggio (sacrificato alla colazione della Zia), una scodellina con due dita di latte e un nome.

Era il giorno di Santa Teresa d’Avila, protettrice degli orfani.

La mattinata è stata lunga, e la Zia Donatella e la Zia ogni tanto andavano a controllare nella stanza dell’ascolto che non combinasse guai, ma la gattina se ne stava buona buona acciambellata sotto un tavolino. Modestamente, così sul nudo pavimento freddo, senza occupare né il cartone né il cuscino che le erano stati messi ai disposizione, ronfando sommessamente fra sé e sé. E non ha fatto né cacca né pipì.

Precauzionalmente, la Zia le ha fatto una foto e l’ha inviata per whatsapp allo Zio, in modo che potesse prepararsi psicologicamente.

Licenziato finalmente l’ultimo paziente, la Zia ha cercato di mettere la gattina nella scatola di cartone per raggiungere la macchina. Anche se ultimamente adottiamo gatti e cani  ad una media di due al mese, non è che vada sempre in giro con un trasportino. La piccoletta però ha fatto capire a chiare lettere che intendeva essere portata in braccio, e così è stato. In macchina si è stesa spontaneamente sul sedile posteriore senza fare una piega. Appena arrivati a casa, senza salutare nessuno, è andata di corsa alla lettiera, perché si capisce che non poteva trattenersi più. Subito dopo ha fatto cenno a Kenya di non importunarla e si è recata dove sono affilate le nostre scodelline. Poi si è fatta somministrare la compressa di vermifugo. Senza fare una piega.

In seguito, come già avete appreso dal mio bollettino sanitario, si sarebbe fatta visitare di buon grado dal mio veterinario del cuore, creando difficoltà all’esame obbiettivo a causa degli intensi fuseggiamenti.

Dunque non è stato necessario leggerle il mio Decalogo.

Lo Zio non si è arrabbiato per niente con la Zia per aver portato a casa il ventitreesimo gatto. Si è limitato a dire che dovrebbe vivere in giardino e nella casetta dei gatti con Zampalunga, il papà di Batman e gli altri. Questo succedeva lunedì. Teresa è ancora in casa. La Zia pure.

Morale n.1
Le strade sono molto pericolose e non si dovrebbe  lasciare i gattini in balia delle macchine. Inoltre i topi sono indigesti.

Morale n.2
Anche se non sei di una bellezza appariscente ma ci sai fare coi modi carini e hai fiuto per gli umani giusti,  può essere che te la cavi, nella vita. In alcuni casi te la cavi anche se sei isterico, irascibile e scontroso. Ma è meno probabile. (Abby è uno di quei più rari casi).

Morale n.3
Certe cose accadono quasi per caso, con molta semplicità, basta non voltarsi dall’altra parte e dare una spintarella alla fortuna. Vale per i gatti randagi e vale per gli umani, che siano randagi o stanziali. Perché quando un gatto e un umano si incontrano, fortunati sono tutti e due.

BENVENUTA, TERESINA!

P.S. Mò basta però!
P.P.S. Santa Teresa proteggici tu!

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