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Eleonora Duse


22º
Signorina Zeta

E dunque lei è la numero 22, e anche l’ultima lettera dell’alfabeto.
Questo nome da “ultima” glielo ha appioppato con molta presenza di spirito la Zia per rassicurare lo Zio sul fatto che non intende fare ulteriori adozioni. Illusa. Illusi. Ma veniamo ai fatti.
Era una notte buia e tempestosa, ah no, era un primo pomeriggio incandescente dello scorso agosto dell’estate più calda degli ultimi cento anni e tutti noi aspettavamo con ansia la Zia che doveva tornare dal lavoro e aveva promesso di portarci ciccia trita e latte di capra per rinfrescarci. Ma tardava. Erano ormai quasi le quattro, a giudicare dalla voragine che si espandeva nel mio stomaco. Squilla il telefono, lo zio risponde ed emette un suono a metà fra un grugnito e un sospiro. Poi sento che borbotta fra sé in una lingua a me incomprensibile vocaboli che dal tono è più probabile che siano imprecazioni che parole d’amore.
Due sono le cose: o la Zia ha fatto un altro incidente con la macchina o ha raccattato un altro gatto. La seconda. Dopo pochi minuti, come mi dice #Cettina, che ha gli occhi buoni, arriva la Zia e scende dalla macchina con un fardellino nero tutto floscio e gocciolante di sangue e lo depone vicino ad una ciotola d’acqua, dove si accascia. Io mi sono avvicinato, ho annusato la cosa nera, le ho dato una piccola spinta col muso per avvicinarla alla scodella, ed ecco che l’esserino rialza il capo e immerge il muso nell’acqua. (Mi è tornato in mente quando mi sono immerso nella famosa tazza di latte al bar, e mi sono intenerito). Nel giro di trenta secondi, il mucchietto fa una rumorosa bevuta d’acqua, si rialza su tutte e quattro le zampe e si trasforma in un micromicio miagolante.
La Zia non crede ai suoi occhi e ci racconta. Passava con la macchia lungo il curvane dove la strada provinciale attraversa la nostra contrada e nonostante i finestrini chiusi per via dell’aria condizionata, sente delle urla. Accosta appena può e vede un’immagine dell’orrore: su un marciapiede in pieno sole un gattino nero si tiene ritto sulle zampe posteriori, ha la faccia tutta insanguinata, la lingua rosso scuro che pende di traverso fuori dalla bocca e urla come un’anima dannata. La Zia attraversa la strada sfidando le macchine che sfrecciano lungo il curvone, si avvicina, e il gattino si fa prendere in mano senza opporre alcuna resistenza. La zia lo porta con cautela in macchina, dove si accascia sul tappetino senza più strillare. Da come è combinato, la Zia è convinta che il gattino non arriverà vivo a casa. E invece. Poi, appena hanno aperto l’ambulatorio, siamo andati insieme dai veterinari. Sono andato anch’io perché dovevo farmi controllare per i miei leggendari muchi, ed è stata una fortuna per me, perché si sono accorti di una cosa che nessuno aveva mai scoperto, e cioè che avevo il palato spaccato in due e perciò rischiavo ogni giorno di strozzarmi col cibo che mi andava a finire nel naso e nei polmoni. La gattina, perché femminuccia era (chissà perché i trovatelli sono spesso femminucce?), aveva solo piccole ferite superficiali e niente di rotto nella pancia, ha detto la #Dottoressa Barbara. Solo la codina era un po’ spezzata e se la cosa avanzava, bisognava tagliarne un pezzetto. Insomma la Signorina Zeta aveva messo in scena un dramma che manco Eleonora Duse. Che cosa non si fa per farsi adottare. Dopo qualche giorno siamo andati insieme ad operarci, i dottori hanno fatto pagare agli Zii solo la mia operazione, che non è stata proprio una passeggiata, e il taglio della coda alla Signorina Zeta l’hanno fatto gratis. Una specie di sconto, insomma. Sono molto affezionato alla Signorina Zeta, perché in un certo senso anche lei mi ha salvato la vita.

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Commenti (1)

  • Pina piunno

    Pina piunno

    03 Dicembre 2017 at 17:41 |
    Siete meravigliosi, come lo zio e la zia. Onorata di avervi conosciuti di persona.

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