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28º
Zarina Katharina

in arte Cesarina

IL CASO E LA NECESSITÀ

#Gottfried :
Erano già le tredici, e ancora la Zia non era riuscita a chiudere l’ambulatorio, i pazienti spuntavano come funghi con improrogabili\ richieste prive di qualsiasi urgenza.
Era in ritardo, perché aveva un appuntamento, davanti alla stazione degli autobus a Pescara, venendo da Montesilvano sul lato destro della via principale. Lo Zio #Paolo Violi arrivava da Roma per un ultimo saluto a Salvuccio e il benvenuto al nuovo Ventunesimo Gatto. Quello che la Zia non sapeva è che aveva un appuntamento col destino. Certo non con il Destino con la D maiuscola, di quelli che cambiano la storia dell’Umanità o di un umano. No, con un destino piccolo piccolo ma urlante a squarciagola come il piccolo gatto appollaiato sul ramo di un leccio malandato e nemmeno tanto alto.
Se i pazienti fossero stati meno numerosi o meno pressanti, la Zia sarebbe stata puntuale, e lo Zio Paolo non avrebbe dovuto aspettare più di mezz’ora. Se non si fosse fatta ora di pranzo, lo Zio Paolo non avrebbe avuto fame e non avrebbe attraversato la strada per bere un caffè e mangiare un pasticcino in un bar di fronte alla stazione degli autobus. Se il traffico frenetico dell’ora di punta non avesse avuto un breve stop, forse a causa di un ingorgo a monte, non avrebbe potuto sentire gridare il gattino. O forse l’ha sentito solo perché ha l’orecchio allenato. E levando lo sguardo guidato da quelle urla, l’ha vista. Sì vista, perché è una tricolore di forse tre mesi. Respirava con la bocca aperta, fra un grido e l’altro, come fanno i cani quando fa tanto caldo. Ma quando lo fanno i gatti vuol dire che sono in sofferenza. E sicuramente doveva essere in sofferenza da parecchio, secondo i testimoni alla scena, pare dalla mattina alle nove, quando era scesa (o l’avevano scaraventata) dall’autobus che viene dallo stadio, hanno detto.
Quando la Zia è finalmente arrivata ha trovato lo Zio Paolo che parlava al telefono con i vigili del fuoco, cercando di spiegare con la massima precisione luogo e circostanze. Purtroppo, gli stavano dicendo, non avena un’autoscala disponibile. E un’altra che fra tutte quelle persone che affollano a tutte le ore tabaccheria, panineria, caffè, kebab, negozio di telefonini, ferramenta nessuno si fosse premurato di cercare una soluzione al problema.
Come dicevo, l’albero non era altissimo: arrivava, facciamo, al primo piano dell’edificio liberty sull’angolo. L’appartamento prospiciente l’albero aveva però l’aria di essere disabitato. In molti osservavano la gattina col naso all’insù, ma nessuno sapeva trovare una soluzione. Lo Zio Paolo ha chiesto per una scala a pioli nel negozio di ferramenta, gli hanno detto che potevano vendergliela. Dopo un po’ sono comparse due persone con due scalette a forbice, con cinque gradini, ma ben presto se le sono riportate, consapevoli della loro inutilità. Tra l’altro l’albero aveva pochi e stretti rami, difficile pure appoggiarcela una scala per per persone non esperte.
Sconforto degli astanti, sempre più disperate le grida della gattina, ora sovrastano chiaramente il brusio del traffico, che è denso, lento, i veicoli procedono a singhiozzi.

E fra questi un furgone con carrello elevatore!

In quattro, lo Zio Paolo, La Zia e due ragazzi che intanto erano accorsi con una bottiglia d’acqua fresca e un bicchiere per rifocillare la malcapitata nel caso fosse scesa, si lanciano verso il furgone guidato da un ragazzo dalla pelle olivastra. Battendo sui finestrini lo costringono a fermarsi. Lui è esitante, dapprima non capisce bene che cosa è successo, ma poi si rende conto. Fa manovra col mezzo e lo piazza sotto l’albero. La Zia gli porge un cartone che ha procurato nella tabaccheria per mettere al sicuro il micio. Il giovane si apposta sotto il gatto manovra con cautela il carrello, si avvicina lentamente, tende il braccio e...

Puff! La gattina si lancia sul marciapiede e schizza via.

La Zia ha perso la scena esatta della caduta, perché era andata in macchina a prendere qualche soldino da dare al ragazzo del carrello elevatore. Quando arriva, la gattina è sparita e lo Zio Paolo pure. Gli astanti però le indicano la direzione presa per rincorrere il micio.
La Zia porge la banconota al ragazzo e gli strappa dalle mani il cartone. Il giovane rifiuta i soldi. Non sappiamo di che etnia esattamente fosse il ragazzo del carrello elevatore, ma certo è che era un immigrato, di quelli che vengono a rubarci il lavoro e minacciano il nostro biancore, come qualcuno vuole farci credere.
La Zia si lancia a sua volta all’inseguimento stringendo banconota e cartone fra le mani.
Sente da lontano la voce soffocata dello Zio che la guida verso un sotterraneo con dei garage. Da uno dei garage è appena uscita un’auto, e il guidatore, stranamente, non si è preoccupato di richiudere la serranda. La gattina si è rintanata in fondo al locale, sotto un lavandino. La Zia aziona l’interruttore della luce e la vede chiaramente rannicchiata nell’angolo, gli occhi sbarrati e soffiante.

Se non la catturano ora, è persa.

La Zia allunga una mano, afferra con la mano destra la gattina per la collottola e cerca di bloccarla con la sinistra, ma evidentemente non con sufficiente fermezza: lei rovescia la testa affonda i denti nelle carni della mano sinistra della Zia. La quale grida di dolore e chiede aiuto allo Zio Paolo, che con un balzo arriva a bloccare la gattina prendendola per il collo. Insieme, tremanti e insanguinati, riescono ad infilarla nel cartone. Dirigendosi alla macchina, si fermano in via precauzionale dal tabaccaio per assicurare il cartone con molti giri di nastro adesivo (non senza lasciare passaggi d’aria).
Più tardi la rilasceranno in casa, in cucina, in uno spazio circoscritto, dove si nasconde impaurita dietro una lampada di ceramica. Che non esiste più.
Ad ogni modo nel pomeriggio, con una strategia alquanto cogente, lo Zio Paolo riesce a chiuderla in un trasportino e la portano dai veterinari. La gattina è in ottima salute, non ha vermi, virus o altre incresciose presenze, il graffio che si è prodotta cadendo è superficiale. La banconota insanguinata viene accettata a completamento della somma dovuta per gli esami.
Lo Zio (lo Zio nostro, lo Zio #Lech, intendo) è tuttora un po’ incredulo che i fatti si siano svolti come sopra descritti e non è proprio contentissimo di un ulteriore arrivo nella casa del Ventunesimo Gatto, temo che su questo ci sarà ancora da lavorare.
Quello che vorrei sottolineare io, in qualità di #Felosofo, e ho già avuto modo di parlarne in altre occasioni, è che il caso si trasforma in destino solo se qualcuno vi presta attenzione. Se lo Zio Paolo non avesse avuto orecchio per il lamento di un gattino, o se si fosse voltato dall’altra parte come molti fanno, tutte le coincidenze che l’avevano portato sotto quell’albero sul lato sinistro della strada sarebbero state prive di significato e di utilità. Non ci sarebbe stato nessun salvataggio. E in questo non voglio necessariamente ravvisare un disegno superiore, magari del nostro Salvo che ora protegge i mici sfortunati dall’alto di un ipotetico cielo. Voglio solo dire che quando il caso è favorevole, aiutare è necessità.



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